In maniera inaspettata, la conferenza stampa per la sponsorizzazione di Intesa San Paolo del settore giovanile è diventato un momento di riflessioni per il presidente Massimo Cellino, che di fronte ai media si è messo a nudo, raccontando anche dell’inversione di tendenza, quella ricerca del territorio e dell’identità del territorio medesimo che ha legato ancora di più questa squadra ai bresciani.
“Mi chiedete se mi sono sentito solo? Sì, mi sono sentito così”. Le parole di Cellino sono sincere: sono quelle di un uomo di sport che nell’anno del ritorno in serie A si è ritrovato ad affrontare una situazione difficile, al limite della ingestibilità.
“Ho vissuto il periodo del covid chiuso in casa – ha ricordato il presidente delle rondinelle – con le ambulanze che andavano avanti e indietro e nessuna voglia di ascoltare la televisione. Lavorare in quei giorni è stato impossibile: sono state due annate brutte, siamo retrocessi. Abbiamo avuto 20 giocatori col covid: siamo stati male, e mi sono sentito l’unico al timone della barca. Mi sono sentito solo”.
A cuore aperto, Cellino ha spiegato molto di se: “Sono permaloso, molto. Voglio che mi si dica bravo anche quando non lo merito. E come tutti sbaglio: ma quando lo faccio, non dormo la notte. Noi presidenti dobbiamo accettare tutto, fa parte del ruolo. Ma come nel mio caso, di presidente operativo, devo portare utili a fine anno, dare lealtà ed etica: devo rispettare e far rispettare le regole”.
L’industriale che c’è in Cellino emerge prepotentemente, ma non fa da contraltare all’uomo di sport: si coniuga con esso: “E’ la 31ma stagione da presidente: nel lavoro come nello sport ci sono punti di contatto. Nell’industria ci sono due strade: avere la materia prima o lavorare sul prodotto finale. Nel calcio si cercano entrambe le cose”.
Spingendo il più possibile sulla valorizzazione dei vivai: Andrea Cistana, Massimiliano Mangraviti e Andrea Papetti sono seduti assieme a Pippo Inzaghi di fronte al presidente mentre lo spiega: “Brescia ha le potenzialità di sostenere una società importante nel mondo del calcio, senza necessità di proprietà estere o di magnati che vengono dall’estero. Tonali ? L’avrei tenuto in serie A; Mangraviti, Cistana: se questi giocatori possono giocare in serie A ci permettono di essere maggiormente competitivi senza cercare dei giocatori stranieri che costano magari meno, ma che non ti danno la stessa sostanza”.
La chiusura di Cellino è legata a quanto orbita attorno al calcio odierno: “Oggi lo sport ad alto livello non premia più i valori. Brescia spero che possa vincere e farli valere . Oggi ci sono società di calcio che non potrebbero essere iscritte ai campionati: glielo si lascia fare, inguaiandole. E spesso noi presidenti ci facciamo ingolosire, vivendo in un mondo che non è quello reale. Se io ho un debito, lo voglio pagare: io faccio tutto quello che posso fare. Apprezzate quello che può fare Brescia: la brescianità è un valore che va riconosciuto”.
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