L’EX MECCANICO, 24 ANNI IN ROSSO: ”LA SCUDERIA ITALIA IL TRAMPOLINO PER ENTRARE IN F1″
Dal 1996 al 2020, sono gli anni trascorsi in Ferrari da Claudio Bersini. Il meccanico bresciano ma trapiantato a Maranello si appresta a tuffarsi nell’atmosfera del Gran Premio d’Italia a Monza. ”Vivere questi giorni a contatto con il pubblico, seppur in una veste diversa, fa riaffiorare in me numerosi ricorsi, aneddoti, vittorie e delusioni. Monza è sempre stato un appuntamento speciale: il bagno di folla dei tifosi italiani è straordinario”. Claudio Bersini sarà nuovamente a disposizione dell’Officina Caira, un workshop dedicato alle vetture di Formula 1 da qualche anno inserito in alcuni appuntamenti del calendario per dare vita ad uno show in pista con le vetture che hanno fatto la storia di questo sport. Tra queste anche la Dallara 189 della Scuderia Italia guidata da Alex Caffi. “Dove tutto è iniziato -tiene a precisare Claudio-. La Scuderia Italia è stata la molla per entrare nel mondo della Formula 1 ed in Ferrari”.
6 stagioni quelle vissute da Bersini da meccanico della squadra bresciana forgiata dalla premiata coppia Lucchini-Palazzani. ”Lavoravamo tantissimo ma ci siamo anche divertiti un mondo -sottolinea Claudio con un sorriso-. Eravamo tutti autoctoni tranne un paio di meccanici. Tra noi parlavamo il dialetto, Gianni Cippini teneva tantissimo alla nostra tradizione. Furono quei due a doversi adeguare al nostro modo di dialogare”. Dalla Scuderia Italia alla Scuderia Ferrari il passo fu breve. ”Quando feci domanda per entrare in Ferrari ero sicuro di ciò che sapevo fare. Mi sono sempre detto che noi bresciani sappiamo lavorare e per tale ragione non avevo timori. Grazie poi al dono datomi da mia madre, quello di essere camaleontico nelle varie situazioni, sono riuscito a ritagliarmi il mio spazio”.
Amato e rispettato da colleghi e piloti, Claudio Bersini salì alla ribalta delle cronache dopo il famoso team radio di Sebastian Vettel nel Gran Premio dell’Emilia Romagna (”Grazie Claudio, sei un gentiluomo” le parole del tedesco). Ma per 26 lunghi anni, nell’ombra e vestito di rosso, il cavallino rampante ha potuto contare sulle sue straordinarie qualità tecniche e umane. ”Mi sono sentito parte di un sogno, fiero e orgoglioso di aver fatto parte della storia della Ferrari”.
Tornando a Monza, quale il ricordo più bello? ”Indubbiamente la prima vittoria di Schumacher da pilota Ferrari sulla pista di casa -ricorda Bersini-. Avevamo già vinto a Barcellona ma io facevo parte della squadra test. A Monza assaporai il dolcissimo gusto di essere protagonista con una macchina che sentivo mia, che allestivo e coccolavo. Ho ancora in mente la festa e il tripudio di tifosi sotto il podio. Fu incredibile”. La F310 del 1996 non era la macchina migliore dello schieramento. Le Williams di Hill e Villeneuve erano spesso imprendibili. ”Quella monoposto era stata soprannominata la poltrona per via del poggiatesta ideato da John Barnard. -ricorda Claudio Bersini-. Ma Monza, come spesso accade alle vetture di Maranello, regala quei cavalli motore in più che ci permisero di vincere”.
Una gioia simile Claudio la provò nel 1991 con il terzo posto della Scuderia Italia di JJ Leto nel Gran Premio di San Marino. ”Per un piccolo team come il nostro il podio equivalse ad un successo”. Monza è soprattutto il feudo del tifo ferrarista, appuntamento sentito più degli altri in calendario. ”Dei 280 giorni in cui eravamo via di casa quello italiano era il weekend che tutti aspettavano. Quando entravi nel paddock e ricevevi centinaia di strette di mano e pacche sulle spalle avresti potuto spaccare il mondo tanta era la carica e l’adrenalina. Allo stesso tempo bastava un “fateci sognare” per farti salire la tensione e sentire il peso della responsabilità. Ho un ricordo stupendo di tutta la gente che ho incontrato e che ancora oggi mi omaggia”.
Lasciato il box della rossa di Maranello per una meritata pensione, Claudio Bersini non è riuscito del tutto a staccarsi dal mondo dei motori. Le chiamate dell’Officina Caira gli permettono di vivere ancora certe emozioni. In bacheca vanta 9 titoli mondiali, sulla credenza di casa ha una coppa con 9 cavallini. ”Mi manca il decimo -chiosa Claudio-. È l’unico rimpianto che ho di questa fantastica esperienza. Quando ho amici a cena ruoto la coppa celebrativa per non far vedere la mancanza del decimo titolo. Scherzando dico spesso di capire Valentino Rossi che sognava il decimo mondiale”.
Fabio Pettenò