PARIS ST.GERMAIN – BRESCIA : IL VIAGGIO, PARTE TERZA

Per fare i taxisti a Parigi, essere un pò bastardi non è necessario. Ma sicuramente aiuta. Il nostro driver ci molla, accampando 1000 scuse, a 1 km dallo stadio. Infame, avrà avuto degli avi bergamaschi, penso tra me e me. Ci incamminiamo, e vediamo una marea biancazzurra, o biancoblu, entrare nel settore ospiti. Il tifo made in Brescia si sente forte e chiaro fuori dallo stadio. Che chiamare stadio è un pò riduttivo.

All’ingresso gli steward sembrano non gradire il mio abbigliamento, e fanno 1000 storie. Io un pò me ne frego: “Lo vedi il biglietto? Ecco, bene, ciao nè”. Forse lo striscione che abbiamo al seguito io e Maffo non lo digeriscono molto: cercano di portarmelo via. Vabbè, la prossima volta, eh. Tribune Presidentielle Rouge: per una volta la partita la vedo bene: il settore a due livelli dove sono sistemati gli ultras bresciani è una gioia per gli occhi e le orecchie: Brescia c’è ed è bella come non mai. In campo c’è il riscaldamento. C’è lui a guidare il gruppo: lo Sceriffo, Vittorio Mero.

Comincia a piovere, e mentre passa sotto lo spicchio bresciano, parte un coro. Passa sotto la nostra tribuna, lo chiamiamo a gran voce, lui risponde con un saluto, mentre diversi vicini ci guardano un pò schifati, ed altri bresciani si stringono attorno a noi. Sempre per il discorso precedente che l’unione fa la forza. Mi giro, e noto una specie di acquario: attraverso grandi vetrate, vedo giacche e cravatte che sorseggiano champagne da una posizione invidiabile e non proprio economica. Resto un pò schifato, sperando che questo genere di cose non arrivino in Italia: le mie preghiere non vanno oltre il secondo anello dello stadio. In campo c’è un presentatore: microfono radio, in francese, ça va sans dire, presenta la partita e le squadre. Venendo spesso disturbato dai nostri supporter. Non è a pieno titolo il PSG dei qatarini, ma lo sta diventando. Comincia la partita.

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