DICONALE (LAZIO) CONTRO CELLINO: “ASINO PATENTATO”
Il portavoce della Lazio Arturo Diconale risponde a tono alle affermazioni di Massimo Cellino nei confronti del club biancoceleste e del suo numero uno, Claudio Lotito. Parole molto dure nei confronti del patron delle rondinelle:
“Lotito vuol tornare a giocare? Raglio d’asino non giunge in Paradiso, si dice: io ascolto solo chi è degno di essere ascoltato” erano state le affermazioni forti di Cellino nei confronti di Lotito. Questa la replica di Diconale:
“Quelle di Cellino sono dichiarazioni decisamente stupefacenti, nel senso che suscitano stupore per la loro ingiustificata gravità, nelle quali ha aggredito Claudio Lotito, che a suo parere non rappresenterebbe la Lazio visto che del “club è solo il presidente del Comitato di Gestione” e con cui non vuole neppure parlare visto che “io ascolto solo chi è degno di essere ascoltato”.
“Purtroppo per Cellino, però, il raglio d’asino che non può giungere in Paradiso sembra essere proprio il suo. Non solo perché ignora il sistema duale di gestione societaria e non tiene conto che la S.S. Lazio è una società quotata in Borsa e che la maggioranza del suo pacchetto azionario è detenuta dal presidente Lotito. Ma soprattutto perché se oltre a ragliare si mette anche a scalciare in maniera violenta e scoordinata dimostra di essere lui stesso un asino patentato che ha difficoltà a discutere in maniera civile e composta in un momento in cui la gravità della crisi imporrebbe un comportamento più misurato e responsabile”.
“Naturalmente si comprende perché mai Cellino sia così irritato e nervoso nell’insistere sulla sua richiesta di bloccare il campionato e cristallizzare la classifica scongiurando l’ipotesi della caduta in serie B per la sua squadra. Ma per evitare una eventualità del genere (di cui Cellino dice non essere spaventato in quanto certo di un immediato ritorno della sua squadra nella serie superiore) è proprio necessario ragliare e scalciare in maniera così scomposta da rendere fin troppo evidente che per lui Lotito è solo un pretesto per nascondere il timore di dover piegare la testa alla legge dello sport, quella secondo cui i risultati validi sono quelli espressi dal campo e non dalle interviste?“.
I commenti sono chiusi, ma riferimenti e pingbacks sono aperti.